oggi con mia moglie siamo stati a Bulciago, sulla tomba di Vittorio Arrigoni e del suo papà.
Una grande emozione. Un luogo sacro…
Amnesty.it > Appelli/Azioni Urgenti |
---|
Azione urgente Iran: cittadino iraniano-canadese a rischio esecuzione! |
Fri, 27 Apr 2012 00:00:00 +0200 |
Adriana Minetto
Nata a Mazzè (Torino) il 19 gennaio 1927, uccisa a Torino il 27 aprile 1945.
Abitava nella stessa casa di Torino (oggi via Giachino, 24), dove risiedeva il giovane apprendista meccanico Almerigo Duò, fucilato dai fascisti al poligono di tiro del Martinetto, il 17 gennaio 1945. La ragazza aveva preso parte alla Resistenza, come staffetta della Brigata “Mazzini” della VII Divisione GL. È stata uccisa nella sua casa, a Liberazione ormai avvenuta. Il 27 aprile 1945 (e non il 25, come erroneamente inciso sulla lapide che la ricorda), Adriana si era recata alla stazione ferroviaria Torino-Dora, per consegnare un collo ai partigiani della “Mazzini” che la presidiavano. Verso le 12,30 era tornata tranquillamente a casa. La ragazza aveva appena chiuso la porta, quando fu raggiunta dai proiettili esplosi da due brigatisti neri che l’attendevano. Adriana morì sei ore dopo l’agguato, nonostante i tentativi dei medici di salvarla.
Fonte: http://www.anpi.it/donne-e-uomini/adriana-minetto
da Sereno Dolci
Poesie di papá:
Portella
Attorno i massi con incisi nomi di gente assassinata,
alla ora arida Portella,
tra le sfiorite ginestre
nuovi germogli urgono a sbocciare
Ginestra di Portella
Resistente ginestra flessuosa
tenacemente dalle cince esili
lunette stendi ad aleggiare aprendoti
paziente nel sole e nella notte.
Nell´aromare é il tuo rigenerarti
per difendere il tuo dolce persistere
fra i cardi azzurri della terra scalza,
riattendendo nuove primavere:
piú forte di ogni moto e di ogni lava,
ginestra insanguinata di Portella
“Qui e fuori di qui siamo in molti a pensare e a ripetere che la cultura, se vuol essere viva e operosa, qualcosa di meglio dell’inutile e arida erudizione, non deve appartarsi dalle vicende sociali, non deve rinchiudersi nella torre d’avorio senza curarsi delle sofferenze di chi batte alla porta di strada. Tutto questo lo diciamo e lo scriviamo da decenni; ma tuttavia siamo incapaci di ritrovare il contatto fraterno con la povera gente. Siamo pronti a dire parole giuste; ma non sappiamo rinunciare al nostro pranzo, al nostro comodo letto, alla nostra biblioteca appartata e tranquilla. Tra noi e la gente più umile resta, per quanto ci sforziamo, come uno schermo invisibile, che ci rende difficile la comunicazione immediata. Il popolo ci sente come di un altro ceto: sospetta che questa fraternità di parole sia soltanto oratoria.
Per Danilo no. L’eroismo di Danilo è questo: dove più la miseria soffoca la dignità umana, egli ha voluto mescolarsi con loro e confortarli non con i messaggi ma con la sua presenza; diventare uno di loro, dividere con loro il suo pane e il suo mantello, e chiedere in cambio ai suoi compagni una delle loro pale e un po’ di fame”. (Piero Calamandrei, tratto dall’arringa di difesa per Danilo Dolci)
ANTONIA ARSLAN RACCONTA IL GENOCIDIO ARMENO, a WikiRadio di Radio3, 24 aprile 2012 |
Tue, 24 Apr 2012 14:21:01 +0000 |
M. FLORES, Il genocidio degli armeni, www.mulino.it |
Tue, 24 Apr 2012 14:10:51 +0000 |