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ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) è la sigla della Sindrome da deficit di attenzione e iperattività, l’ultimo ritrovato in campo medico-farmaceutico per “comprendere” e soprattutto “curare” il crescente disagio manifestato dai bambini cresciuti in ambiti contemporanei: difficoltà d’apprendere nelle aree verbali (per esempio la lettura), difficoltà nel completare autonomamente un compito assegnato, nel ricordare di compiere ciò che gli viene detto di fare; in sintesi, bambini che hanno difficoltà di coordinazione, sono impulsivi e facilmente distratti. bambini, va ricordato, sempre tra quattro mura, senza più cortili e giardini in cui giocare con coetanei, speso davanti a monitor di televisioni e computer, con genitori con sempre meno tempo e possibilità di accompagnarli con presenza e attenzione nel corso della loro crescita. E, non ultimo, bambini che mangiano in modo sbagliato e, senza il moto adeguato, tendono pure all’obesità.
La ADHD è anche l’ultimo ritrovato per creare un mercato molto promettente, che negli Usa, in cui è nata questa “moda”, ha visto le diagnosi di questa sindrome passare da 150.000 casi nel 1970 a 11 milioni dei nostri giorni.
L’allarme in Italia è già scattato da qualche anno, in concomitanza con l’entrata nel panorama diagnostico e farmeceutico italiano di questi termini e di nuovi, appositi, farmaci. In questi giorni è nella prima pagina di Babele, il quadrimestrale Sammarinese degli psicologi, con un articolo di Federico Bianchi di Castelbianco, autore, insieme a Luca Poma, del saggio “Giù le mani dai bambini” (Ed. Magi), che denuncia quanto “la ricerca a tutti i costi di cause esterne alla dimensione socio-culturale sia diventato un meccanismo difensivo per evitare riflessioni più profonde sullo stile di vita che stiamo conducendo”.
Interpretando questi sintomi di iperattività del bambino come una malattia neurologica, di fatto si deresponsabilizzano i genitori, la scuola e la società stessa da quello che potrebbe anche essere letto come il sintomo di un disagio che obbliga a ripensare la relazione col bambino e l’attenzione alle sue reali esigenze fisiche e psicologiche in relazione alla sua età.
Questo non vuol dire che la sindrome da ADHD non esista davvero e che non esistano casi che davvero hanno bisogno di un trattamento, ma attualmente o siamo in presenza di una vera e propria epidemia o va rivista la modalità e la preparazione professionale ed “etica” con cui vengono raccolti i parametri che portano alla diagnosi. “Sembra che per lo specialista – scrive ancora Bianchi di Castelbianco – il cosiddetto occhio clinico sia diventato così selettivo, nell’analizzare i sintomi, da risultare cieco nel vedere il bambino nella sua totalità“.
E in quest’epoca tecnologica i rischi di terapie inadeguate sono altissimi. Lo scorso 20 febbraio, con una sentenza destinata a fare storia in Italia – la 1° sezione penale della Corte d’Appello di Firenze ha condannato la psichiatra che aveva sperimentato su una bambina un potente psicofarmaco – un antiepilettico per la cura di una semplice obesità infantile – senza informare la famiglia dei gravi potenziali effetti collaterali, causandole danni permanenti.
E’ di pochi giorni dopo, del 28 febbraio, quindi recentissimo, l’allarmante comunicato della Food and Drug Administration che mette in guardia dal fatto che i più diffusi psicofarmaci stimolanti, usati per le terapie sui minori con deficit d’attenzione e iperattività, possono causare gravissimi problemi ai piccoli pazienti, quali crisi maniacali e depressive con conseguente tentativo di suicidio, ed anche complicanze cardiache, quali ictus e morte improvvisa.
L’allarme viene ripreso e diffuso dall’Associazione “Giù le mani dai bambini”, il più rappresentativo Comitato italiano con focus sui disagi dell’infanzia: raggruppa quasi cento associazioni di volontariato e promozione sociale, le quali rappresentano tramite i propri iscritti oltre 8 milioni di italiani. L’associazione si sta impegnando in questi anni in un grande progetto nazionale di informazione/formazione che in soli due anni è diventato la più visibile campagna di farmacovigilanza per l’età pediatrica mai avviata in Italia.
Non ci sono scorciatoie, per il bene dei nostri bambini dobbiamo mantenerci informati, scegliere con cautela i professionisti a cui ci rivolgiamo e non illuderci che, con una pillola, si possano risolvere i problemi derivati da ambiti e modalità di crescita non certo adatti alla vitalità, energia, entusiasmo e sana curiosità dei bambini.
Marcella Danon
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